Illustri persuasori. 2 – Tra le due guerre

Illustri persuasori. 2 – Tra le due guerre   

by Iolanda Conti

TREVISO – Si è inaugurata il 14 ottobre 2017 la seconda mostra dedicata ai manifesti della collezione Salce. Anche questa esposizione si rivela decisamente in grado di soddisfare sia il pubblico degli addetti ai lavori che il visitatore occasionale: qui il campionario di eccellenze della raccolta mette a fuoco “tra le due guerre” la produzione cartellonistica in Italia degli anni Venti e Trenta.

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All the pictures reproduced here belong to the Salce’s Collection, Treviso – Italy

   Siamo di fronte ad un prolifico momento creativo estremamente variegato per l’estrema diversità delle proposte, tanto che i curatori alla fine hanno deciso di tralasciare la più affascinante, ma scontata, tematica dell’Art Deco indirizzando il percorso espositivo su aree tematiche legate alle logiche progettuali della grafica illustrata e sui suoi rapporti con le altre arti, dando per assodato il superamento gerarchico tra arti maggiori e arti minori.

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     Assolutamente riconoscibili, nelle tre sezioni della mostra, sono i rimandi alla pittura, all’illustrazione, al teatro, alla moda, all’arredo d’interni, alla fotografia e al cinema. Si palesa con chiarezza, sia nelle immagini più famose che in quelle volutamente inedite, quanto nel linguaggio pubblicitario entrino in dialogo stili e dinamiche comunicative di origine diversa, prendendo a pretesto quella corrente artistica o quel personaggio famoso per insinuarlo nell’immaginario collettivo legato indissolubilmente ad un determinato prodotto o messaggio commerciale.

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     Ritroviamo alcuni degli autori protagonisti degli antefatti modernisti della Belle Époque, ma in queste opere si percepisce, oltre alla notevole evoluzione tecnica, la loro crescente consapevolezza professionale che da vita ad abbinamenti e sollecitazioni grafico-comunicative decisamente moderne. Tra i più versatili sono ancora presenti il geniale Carboni e il prolifico Mauzan, resta coerente il grande Cappiello, unico nelle sue declinazioni del “personaggio-Idea”.

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     Nella sala Dudovich le opere esposte sono evidentemente in dialogo con la pittura e spaziano efficacemente dal cubismo alla metafisica, al realismo magico, per non parlare del futurismo che irrompe e afferma con forza l’idea di progresso nel Novecento.

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     Cubista è la natura morta con seltz di Marcello Nizzoli per Campari (1926) e richiama il cubismo “mondano” di Tamara Lempicka la fumatrice di Franz Lenhart per Modiano (1935); e fuma anche Regina di Maga (1930), una donna emancipata, che riprende graficamente un dipinto di Otto Dix, il ritratto della giornalista Silvya Von Harden, capolavoro della Neue Sachlichkeit.

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    Fortunato Depero e Enrico Prampolini autopromuovono coerentemente il futurismo e il teatro d’avanguardia (1924-1928), mentre il più raro e sorprendente Lucio Venna (Giuseppe Landsmann) ne rappresenta felicemente le tipiche iterazioni dinamiche (IV Circuito della Spezia, 1927).

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     Attingendo dalla preziosa e ricchissima varietà dell’illustrazione minuta, del teatro e degli arredi d’interni, i nostri artisti grafici propongono immagini con suggestioni neo-settecentesche, folcloriche, esotiche, sollecitati soprattutto dallo “Stile ’25” francese, presente alla Exposition Internationale des Arts Decoratifs et Industriels Modernes di quell’anno. Spiccano così ancora Erberto Carboni, un aggiornatissimo Luciano Bonacini, un elegante Carlo Emilio Nicco e un malizioso Nino Nanni.

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     Nella Sala Carboni, ritroviamo Leonetto Cappiello, padre – probabilmente inconsapevole – di quella rivoluzione comunicativa operata con i suoi “personaggi-idea”, che segna un punto di non ritorno nelle logiche comunicative della pubblicità illustrata. La sintassi del nuovo linguaggio viene chiaramente identificata dalla linea-arabesco, generatrice di movimento, da un soggetto semplice, divertente ed empatico, da colori piatti e intensi e dalla dissonanza delle figure sul fondo scuro. Insomma si configura un’identità formale del tutto peculiare per la pubblicità che poteva proseguire coerentemente in autonomia distaccandosi così dalle ricerche pittoriche del momento.

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     Infine fotografia e cinema si rivelano ricchissimi serbatoi sia per le idee innovative che per l’utilizzo di tecniche miste dando crescente spazio alle riproduzioni fotografiche e ai fotomontaggi. Capostipite di questa nuova stagione della comunicazione pubblicitaria è stato il manifesto famosissimo del russo Alexander Rodchenco(1925): una donna urlante e le scritte tipografiche che in guisa di megafono le escono di bocca, ma anche le ricerche condotte in ambito Bauhaus. Così dall’inizio degli anni Trenta anche in Italia, in particolare a Milano, le innovazioni tecniche trasformano la grafica illustrata e la portano velocemente verso il cosiddetto “Graphic design”. Saranno alcune riviste specializzate, lo studio di progettazione Boggeri (con cui lavorerà lo svizzero Xanty Schawinsky, artista uscito dalla Bauhaus), e aziende illuminate come la Olivetti che accoglieranno gli artisti emergenti pronti alla sperimentazione del nuovo.

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     La mostra si chiude con una serie di manifesti che testimoniano l’ingresso di uno dei cavalli di battaglia della comunicazione “suadente”, ovvero l’immagine della donna moderna e realisticamente corporea, immagine trasversale ad ogni contenuto, che nel 1939 campeggia nel manifesto di Gino Boccasile per il dentifricio Kaliklor, vincitore del primo concorso pubblicitario italiano, promosso da Luigi Casoni Dalmonte (tecnico pubblicitario e fondatore dell’agenzia milanese ACME). Attingendo a piene mani anche dal glamour cinematografico hollywoodiano da adesso la pubblicità costruisce un modello di femminilità ambivalente volto sia a rassicurare che a conturbare, un modello popolarissimo fin da subito e destinato a un lungo successo.

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