A Parigi nel segno del romanticismo musicale
by Riccardo Mandelli
PARIGI – Il trio Argerich-Maisky-Jansen sta riscuotendo un successo fragoroso in questi primi mesi dell’anno nelle principali sale da concerto europee, radunando fedeli ammiratori e nuovi accoliti. Dopo il Concertgebouw di Amsterdam e il Barbican Centre di Londra, mercoledì 7 febbraio è stato il turno della capitale francese. Il luogo designato, uno dei capolavori architettonici parigini: la Grande salle Pierre Boulez (situata nel più ampio complesso della Cité de la musique), luogo di particolare bellezza, opera dell’architetto Jean Nouvel inaugurata nel non lontano 2015. A suscitare fin da subito particolare interesse è la scaletta della serata, ben organizzata allo scopo di far brillare le doti dei tre musicisti, in un programma che vede l’alternarsi di brani sonatistici per arco e pianoforte alla formazione a trio.
Apre le danze la coppia più longeva. Legati da un sodalizio artistico e di amicizia di lunga data, Martha Argerich e Mischa Maisky si esibiscono nella Sonata per violoncello e pianoforte n. 2 in sol minore (Op. 5 n. 2) di Beethoven dimostrando fin da subito un’intesa eccezionale, un giusto equilibrio che permette a Mischa Maisky di esibire le sue qualità nel rondò finale che rapisce nel virtuosismo del violoncello e nel rigore del pianoforte.

Mischa Maisky • Photo credits © Mat Henneck / DG
Vero protagonista del concerto è però Shostakovich, con il suo Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 2 in mi minore (Op. 67) che il duo Argerich-Maisky suona con la giusta intensità e dedizione, con cui ben si coniuga la giovane freschezza di una violinista del calibro di Janine Jansen. Il brano, di non facile ascolto, grazie all’interpretazione degli artisti suscita particolare interesse nel pubblico. Degna di nota è l’eccellente prestazione della violinista, per nulla sminuita dalla fama che precede invece i due musicisti che dividono il palco con lei.

Janine Jansen • Photo credits © H. Hofmann / Decca Classics
Dopo generosi applausi da parte del pubblico già al primo intervallo, il concerto prosegue nella seconda parte con altri due brani in tonalità minore dall’accentuata espressività romantica. Protagonista questa volta è Jansen che si esibisce nella Sonata per violoncello e pianoforte n. 1 in la minore (Op. 105) di Schumann. Ancora una volta, Martha Argerich si dimostra pienamente a suo agio sugli ottantotto tasti e, dal canto suo, la giovane violinista non smentisce la sua fine capacità interpretativa, riuscendo a creare un’ottima tensione tra i due strumenti in continuo dialogo.

Martha Argerich • Photo credits © A. Heitman
Conclude il concerto il Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 1 in re minore (Op. 49) di Mendelssohn. Nei primi due movimenti, la singolare abilità tecnica degli strumentisti si mesce con un equilibrio che ipnotizza e trasporta lo spettatore. A questi segue la piccola parentesi dello Scherzo, definito dallo stesso musicista leggero e vivace, che riporta alla realtà con tutte le sue semicrome al pianoforte e i pizzichi degli archi. Arriviamo quindi al finale Allegro assai appassionato, parole che si concretizzano sulla scena. I musicisti trascinano il pubblico con il loro intenso coinvolgimento nell’esecuzione: a fare da collante è la propulsione ritmica data dal pianoforte che indirizza con rigore le frasi degli archi in un fluire senza sosta.

Photo credits © © Julien Hanck
Al termine, dopo svariate chiamate degli interpreti sulla scena da parte di una platea entusiasta, gli interpreti, prima di congedarsi definitivamente, omaggiano il pubblico con un ultimo brano, il terzo movimento del Phantasiestücke Op. 88 di Schumann.
Uscendo dalla sala, ciò che rimane impresso è il ricordo del suono penetrante del violoncello di Mischa Maisky, la dolcezza del giovane violino di Janine Jansen ma soprattutto la grazia, il rigore e l’esperienza di una donna che del pianoforte ha fatto la sua intera vita, Martha Argerich, un’interprete unica.