From the Italian Renaissance to Toronto: Joseph Tassoni’s enchanted winter garden
by Sebastiano Bazzichetto
[Italian version below]
TORONTO – Everybody has gone crazy with the new proposals from the fashion weeks around the world, amidst an endless series of hashtags and selfies, spreading the verbum of the button and the stitch, of counterpoints and velvet, satin and lampas.
Silk, taffeta and organza cannot do much for those who live in snow-clad countries, where winter seems to be eternal, and a most appropriate attire draws inspiration from Anna Karenina’s dress room, boasting gabardine clothes, cashmere overcoats and fur-hemmed stoles.
Delightful sunny days and flourishing gardens seem a pale memory in the dead of winter. But precisely the gardens represent a resourceful element of joy and hope, especially their exotic, whimsical version known as ‘the winter garden’.
Since the Renaissance, in country villas and urban palaces, winter gardens have represented the highest peak of the human attempt to forge nature, and to reproduce the lush Edenic flora so harshly denied by hostile weather conditions. Historically, as the typical annex to a palatial residence, the winter garden has been referred to as hot house, lemonary or orangerie (renowned those in Versailles, in the Boboli gardens, in Schönbrunn).
On the occasion of Toronto Women Fashion Week, escorted by his totem white owl, Joseph Tassoni opened the doors of his very winter garden, an enchanted place where snow falls as soft as feathers and cotton candy. He treated us to a palette of warm colours, soft patterns and fabrics, showing coats and fur coats appropriate for the office as well as a night out with friends and bubbles. From head to shoes, on his runway, the colours were literally melting onto the clothes, revitalizing the often boring and joyless garments we see on the streets. He surprised the audience with five, bright-coloured Spring Queens, donning shimmering boots. With his highly-tailored coats and furs, and his eye for shapes and shades, Joseph Tassoni was undoubtedly able to achieve the least-hoped-for: he made us regret winter is (almost) over.
Joseph Tassoni’s Instagram profile
TORONTO – Le proposte salienti delle settimane della moda internazionali impazzano sul web e sulle riviste patinate, si propagano nella rete tra selfie e scatti accattivanti diffondendo il verbo del punto e del bottone, del contrappunto e del velluto, del lampasso e del raso. Ma tra sete, taffetà e organze, per chi vive in climi ben più rigidi delle assolate passerelle europee l’inverno può essere inclemente, non sempre breve e si abbisogna di un più sostanzioso guardaroba alla Anna Karenina in cui abbondino zimarre bordate di pelliccia, manicotti, colbacchi, stivali e tabarri. Le belle giornate soleggiate, gli aprichi pomeriggi estivi e i giardini in fiore paiono un ricordo che si stempera lontano. Ma proprio il giardino e, in particolar modo, la sua versione più eclettica e per certi versi esotica del giardino d’inverno può giungere in aiuto per evocare una momentanea primavera tra neve e gelo.
Vero e proprio lusso, sin dal Rinascimento, nelle ville di campagna e tra le rutilanti stanze di aviti palazzi, i giardini d’inverno hanno rappresentato il tentativo più alto da parte dell’uomo di riprodurre una flora lussureggiante, lì dove la Natura sembrava avversa alle tentazioni fruttifere di edenica memoria. Storicamente tipico annesso della villa, il giardino d’inverno assume i nomi più vari di serra, orangerie, limonaia o cedraia; famose quelle di Versailles, del giardino di Boboli, di Schönbrunn.
Per la TWFW, scortati dalla sua bianca, totemica civetta, Joseph Tassoni ha aperto le porte al pubblico torontino del suo “winter garden”, un luogo incantato dove la neve cade soffice come piume e zucchero filato. Il talento della moda italo-canadese, intervistato proprio su queste pagine lo scorso ottobre, ha debuttato il marzo 2017 con una collezione dedicata ai 150 dell’Unità del Canada che ha fatto impazzire il pubblico con il suo imperante colore rosso. In occasione della Toronto Women Fashion Week 2018, Tassoni ha proposto cappotti e parka in cui la ricerca dei tessuti si combina con un senso sapiente dell’artigianalità. Grande sorpresa è stata l’apparizione di cinque regine avvolte in svolazzanti kimono dai colori sgargianti – preludio delle gioie primaverili –, con ai piedi stivaletti glitterati che ammiccano agli anni ’60, un decennio di proteste e di moda sempre attuale, divenuto oramai un grande classico. Facendo sfilare donne grintose e gentiluomini dai cappotti ricercati, Joseph Tassoni ha dato vita a qualcosa che ha dell’incredibile: ha saputo offrire al suo pubblico una tavolozza di colori caldi e una scelta di morbidi tessuti, riuscendo a farci (quasi) rimpiangere il fatto che questo inverno pare essere veramente agli sgoccioli.
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