Vorrei spiegarvi il giubilo… “Hadrian” alla COC

La Canadian Opera Company ha messo in scena la seconda opera di Rufus Wainwright, per molti versi un nome da botteghino, che dopo “Prima Donna” si è cimentato con un mastodontico lavoro di quasi tre ore sull’infranta vita amorosa e il conseguente lutto dell’imperatore Adriano al tramonto della sua esistenza. Speravo andasse in scena la narrazione della tanto letta e ammirata “animula vagula blandula” ma non è stato così.

by Sebastiano Bazzichetto

TORONTO – Ci fu un tempo in cui Roma era la perla ed il faro dell’impero più grande del mondo. Per molti versi, Roma era il mondo. E quel mondo sottostava alle leggi e ai mores dei padri, dei pontefici massimi e degli imperatori. Ci fu un imperatore – ‘princeps’ in latino – che seppe rafforzare i confini di quel vasto dominio, riportare ordine nella pubblica amministrazione e rimpolpare le casse del magro tesoro dello stato. Quell’imperatore si chiamava Publio Adriano. La sua vita privata venne resuscitata, in parte re-immaginata e riscritta all’inizio degli anni ’50 nel famoso romanzo di Marguerite Yourcenar, “Le memorie di Adriano”. Il libro riporta sulla pagina i pensieri, gli eventi e le emozioni dell’imperatore che scrive in prima persona una lunga lettera al suo successore, l’adottato Marco Aurelio, squadernando la propria vicenda terrena come un essere umano, con le gioie, le vittorie, gli insuccessi, le paure e le fragilità che sono proprie di ciascuno di noi.

HADRIAN-18-19-02-MC-D-0618.jpg

Isaiah Bell as Antinous (centre) in the Canadian Opera Company’s world premiere production of Hadrian, 2018. Photo © Michael Cooper

Dopo gli splendori autunnali della campagna russa sulle note di Tchaikovsky con una magnifica produzione di “Eugene Onegin”, la Canadian Opera Company ha messo in scena la première mondiale di “Hadrian”, una grand opera ideata da e sulla musica di Rufus Wainwright ed il libretto di Daniel MacIvor. Questo nuovo lavoro, scritto appositamente per il teatro canadese, si fonda su un episodio particolare della vita dell’imperatore Adriano: la morte del suo eromenos (o giovane amante) Antinoo. Annegato nel fiume Nilo, recuperatone il corpo, Antinoo viene canonizzato ed elevato al pantheon delle divinità romane dallo stesso Adriano (l’erastes), un onore riservato solo agli imperatori o ai membri della famiglia imperiale.

L’opera di Wainwright ripercorre con una serie di flashback la storia d’amore tra i due mentre Adriano è vicino alla morte e deve occuparsi simultaneamente dei subbugli in Giudea causati dai cristiani.

HADRIAN-18-19-02-MC-D-0941.jpg

A scene from the Canadian Opera Company’s world premiere production of Hadrian, 2018. Photo © Michael Cooper

Questo attesissimo lavoro avrebbe potuto presentare sotto una nuova luce la relazione tra due persone al di là degli intrighi di palazzo, delle regole del potere e della società, antica e moderna. Ed è giusto ricordare che i cambiamenti epocali nella storia romana sono stati a lungo rappresentati da incredibili storie d’amore, diventate spesso leggendarie: quello tra Didone ed Enea per Virgilio portò alla fondazione di Roma; Antonio e Cleopatra si unirono per sigillare la caduta della Res Publica e la nascita dell’impero. Adriano e Antinoo proseguirono su questa strada, segnando l’inizio della fine del principato, l’ascesa del monoteismo cristiano e la nascita del mondo moderno.

Questa, in soldoni, la premessa.

“Vorrei spiegarvi il giubilo”, canta la dolce Fanny ne ‘La cambiale di matrimonio’ di Gioacchino Rossini, un giubilo che le fa brillare il cuore.

Di gioie, piacevoli sorprese e giubili, ahimè, quest’ottobre ve ne son ben pochi nell’opera di Wainwright e MacIvor.

Cercherò di tirare le somme (emotive e razionali) del perché quest’opera si riveli un disastro dal punto di vista operistico, drammaturgico e musicale.

Innanzitutto, per chi non lo conoscesse, Mr. Wainwright è un cantautore e musicista pop canadese, classe 1973. La sua passione per il teatro lirico certo lo avrà portato ad inscenare il dramma di Tosca e Violetta Valery durante gli anni dell’innocenza, ma non fa di lui un compositore di partiture che vadano al di là del tempo naturale di una canzone di musica (più o meno) leggera.

Nel suo “Hadrian” ci sono alcuni momenti – rari e farraginosi – che paiono alludere ad una felice ispirazione ma non sono prolunganti e non presentano una struttura melodica di ampio respiro. Stiamo parlando di sparuti frammenti di una manciata di minuti che sfumano in una accozzaglia di suoni che cercano di scimmiottare le colonne sonore e qualche compositore moderno, con accenni di blues e jazz spesso spiazzanti. Alcuni critici nordamericani sono riusciti a scomodare i nomi di Stravinsky, Mahler e Strauss. Nella partitura di Wainwright io non vi ho colto nessuna delle loro nobili influenze.

La narrazione musicale, come già detto, non esiste. Si tratta di una composizione ardua da seguire che mette insieme, un po’ alla rinfusa, brandelli musicali in cui l’idea melodica (ed armonica) non viene sviluppata a sufficienza. I casi sono due: o mr Wainwright voleva che il pubblico ricomponesse a posteriori il tessuto musicale per associazione di idee o, semplicemente, quello che manca è la capacità di costruire in maniera limpida una partitura, sia per le voci che per l’organico orchestrale, più coerente, solida ed articolata.

La trama è fin troppo banale e banalizzata, non essendo in grado di uscire dal circolo dell’amore omoerotico.

HADRIAN-18-19-02-MC-D-1121.jpg

Thomas Hampson as Hadrian and Isaiah Bell as Antinous in the Canadian Opera Company’s world premiere production of Hadrian, 2018. Photo © Michael Cooper

Non manca poi una buona dose di presunzione da parte di Wainwright e MacIvor: quella di riportare sulla scena (così scrivono nel programma di sala) “Le memorie” della Yourcenar, un volume che, pubblicato nel 1951, si aggiudicò il Prix Des Critiques per la profondità e complessità narrativa e psicologica dei personaggi. L’opera in questione – mi riferisco a quella canadese – si basa de facto soltanto su una delle sei parti del romanzo dell’autrice francese, ossia “Saeculum auereum”; vi è poi qualche stralcio e riferimento a “Disciplina Augusta” e “Patientia”.

Sempre nel programma di sala, nelle note del compositore, Mr.  Wainwright assurge al ruolo di sociologo e critico letterario di chiara fama, sostenendo che il romanzo della Yourcenar abbia influenzato almeno tre generazioni di uomini gay, peccando così di un errore marchiano, l’errore che commettono le persone che credono di poter imporre una sola ed imperante chiave di lettura ad un testo letterario. Forzare la mano su di un romanzo che va ben oltre il rapporto omoerotico dell’imperatore e dell’essere umano e che, quando lo fa, da questo prende spunto per una riflessione più vasta sul senso della vita, è una delle pecche principali del pensiero di Mr. Wainwrigth che si riflette inevitabilmente – e tristemente – sull’intera opera.

A mio avviso, il gusto voyeurista della regia e la scelta di nudi non necessari sul palco (oltre ad una noiosa e prolungata scena di sesso tra i due protagonisti maschili) non fa che rinforzare certi stereotipi e pregiudizi, dando voce e corpo ai modi affettati o leziosamente manierati legati alla comunità gay (soprattutto maschile).

Alla fine di quasi tre ore di spettacolo, è difficile sincerarsi della bontà di questo lavoro e poter affermare che sappia parlare ad un pubblico in maniera universale, narrando le vicende di un amore con la ‘a’ maiuscola. La stucchevole ripetitività dei versi del libretto, la banalizzazione dei personaggi e l’appiattimento dei loro sentimenti non fa che acuire il senso di ristrettezza ed impotenza dell’opera.

Vorrei spiegarvi il giubilo che m’avrebbe fatto brillare il core ma questa volta è davvero arduo cimento.

HADRIAN-18-19-02-MC-D-1014.jpg

Isaiah Bell as Antinous and David Leigh as Turbo in the Canadian Opera Company’s world premiere production of Hadrian, 2018. Photo © Michael Cooper

Le parole e la musica di Mr. Wainwright e MacIvor sono lo specchio di un pensiero autoreferenziale, edonistico e narcisista di chi pare non sapersi confrontare con la realtà che lo/la circonda.

Il mondo di “Hadrian” sul palco del Four Seasons Centre è quanto di più lontano dallo spirito ecumenico che si trova nelle pagine della Yourcenar e da quello degli autori – musicisti e librettisti – dell’opera contemporanea.

Potendo parlare ad un vasto pubblico di amore e morte sulla lira della modernità, “Hadrian” si è rivelato, con le sue miopie drammaturgiche e musicali, un’occasione perduta, costata (e son lieto di non saperlo) chissà quante migliaia di dollari.

Leave a Reply

Fill in your details below or click an icon to log in:

WordPress.com Logo

You are commenting using your WordPress.com account. Log Out /  Change )

Facebook photo

You are commenting using your Facebook account. Log Out /  Change )

Connecting to %s