Osteria del Guà

by Gianpietro Miolato

VICENZA – A Lonigo tutti conoscono Villa Pisani.
Bene protetto dall’UNESCO dal 1996, la Villa venne progettata dal Palladio nel 1542 per la famiglia veneziana dei Pisani e ad oggi, assieme alla Rocca Pisana (dello Scamozzi) e a Palazzo Pisani (del Sanmicheli), rappresenta una delle eccellenze architettonico-artistiche del comune vicentino.

villa pisani

La Rocca Pisana dello Scamozzi

Giochiamo a carte scoperte: io sono di Lonigo.
Benché non vi sia nato (il reparto di maternità era già chiuso nel 1988) vi ho sempre vissuto, pertanto non posso che dirmi leoniceno.

Potreste pensare che questa sia una recensione apologetica. Non è così.
Chi mi conosce sa che campanilismo e apologia sono due concetti a me estranei, soprattutto quando si tratta di parlare/scrivere di Lonigo.

Però, quando ci si trova di fronte a qualcosa di importante, anche solo a livello potenziale, occorre fermarsi e rendergli il giusto tributo.

Il cappello introduttivo potrebbe far pensare che questo qualcosa sia la Villa. In una certa misura è così, ma non del tutto. La Villa è il punto di partenza, imprescindibile per comprendere quanto starò per scrivere, ma non è il centro della recensione.

Il centro è il ristorante che si trova all’interno del perimetro della Villa. Il centro è l’Osteria del Guà.

Mi ci reco il 9 giugno, a pranzo, in compagnia di un amico sommelier, pure lui leoniceno. Decidiamo di farvi visita riflettendo sul fatto che, pur essendo autoctoni, non abbiamo preso in considerazione di andarci se non da un paio di mesi a questa parte.
Il locale si trova nella barchessa della Villa. Difficile descriverne l’eleganza per chi non ci è mai stato. Lo stile palladiano viene restituito fedelmente, seppur in una prospettiva moderna. I locali sono imponenti e spaziosi. I tavoli sono circondati da pareti colorate con tinte tenui. Si respira eleganza e contemplazione.

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Una foto dell’interno del ristorante

La giornata è splendida. Ci accomodiamo all’esterno, potendo gustare il panorama circostante. La Villa è alla nostra sinistra, maestosa e immobile. Il prato è di un verde rigoglioso. Vi è la possibilità di pernottare, laddove lo si desideri, in quanto la struttura è un relais. Noi ci accontentiamo di pasteggiare.
Nei giorni precedenti la visita, mi informo sullo chef. Il nome non mi è nuovo: Vincenzo Di Grande, chef con un background notevole (una stella Michelin con Il Colombaio di Casole d’Elsa), è chiamato ad animare la cucina della struttura. Informo l’amico sommelier di cosa troveremo. Ne rimane più che contento.

02 Gambero marinato con gin, ginepro, lime e salsa di cetriolo

Gambero marinato

Arriviamo ed optiamo per la degustazione di cinque portate con relativa mescita.
Il cameriere, cordiale e disponibile, ci propone dei vini del territorio che, alla vista delle bottiglie, non suscitano in me un grande stupore. Fortunatamente mi ricredo appena li assaggio.
Il menù viene servito con regolarità e gentilezza. Io e l’amico consumiamo le pietanze con grande soddisfazione, ci scambiamo opinioni e attendiamo la fine del pasto per dar vita ad una chiacchierata con lo chef.

Terminata la terza portata, il cameriere ci informa che vi sarà un fuori menù. Accettiamo di buon grado. Dopo pochi minuti veniamo serviti da un ragazzo assai giovane, poco più che ventenne. Pensiamo sia un cameriere ma la divisa non tradisce. Lo fermiamo e, con una certa sorpresa, gli chiediamo se sia lui lo chef. Lui ci guarda con un misto di compostezza e cortesia e ci conferma che sì, lo chef è lui da inizio 2018. Di Grande aveva terminato la propria collaborazione l’anno prima. Io e l’amico restiamo senza parole.

04 Risotto all_acciuga con polvere di caffè e gel al limone

Risotto all’acciuga

Terminato il pranzo, che prevede altre due portate, chiediamo di poter parlare al giovane. Lui ci raggiunge e, mantenendo compostezza ed eleganza del servizio, ci racconta che ha 22 anni e che è originario della Calabria.
Parlando dei piatti, risulta impossibile non cogliere la passione e la dedizione del ragazzo nei confronti del proprio lavoro. La cucina, basata su un’impronta mediterranea unita ad un uso sapiente di prodotti locali e spontanei, coltivati o raccolti nelle campagne circostanti, ha un’idea precisa e salda e un potenziale espressivo assai ampio.

05 Dentice arrosto con burro bianco al dragoncello e calamondino

Dentice arrosto

Non sono facile ai complementi né mi faccio toccare facilmente dalle parole che ascolto laddove non ci trovi qualcosa di interessante. Ma constatare con quanta dedizione il giovane chef ci parlava delle sue creazioni mi ha colpito profondamente. Sia per la competenza sia per l’età.
Pertanto mi pare inevitabile riconoscere l’abilità proposta nel menù e l’implicita promessa di una proficua consacrazione cui questa cucina sono certo andrà incontro da qui a breve.

Chapeau, dunque, a chef Giulio Ierace e alla sua Brigata.

Il menù

Gambero marinato con gin, ginepro, lime e salsa di cetriolo. Ottimo abbinamento gambero e cetriolo. Fresco.

Calamaro arrosto, piselli e schiuma di birra. Sapidità del calamaro, struttura dei piselli e amaro della birra si sposano ottimamente. Strutturato.

Risotto all’acciuga con polvere di caffè e gel al limone. Ancora un gioco di contrasti tra gusti sapidi, amari e aciduli. Equilibrato.

Dentice arrosto con burro bianco al dragoncello e calamondino. Il fuori menù, nonché il miglior piatto. Agrumato, corposo e persistente. Il tutto in un sol boccone. Ottimo.

Anguilla laccata all’aceto, crema di zucchina e bruscandoli all’aceto. Altro grande piatto in cui la grassezza dell’anguilla è smorzata dal bruscandolo, senza per questo eliminarne il sapore. Riuscito.

06 Anguilla laccata all_aceto, crema di zucchina e bruscandoli all_aceto

Anguilla laccata

Flexi Ganache con cioccolato Dulcey, crumble, spugna e gelato al pistacchio, erba limoncina, rucola selvatica e menta. L’uso delle erbe è perfetto nel contrapporsi alla cremosità del gelato. Succulento.

Flexi Ganache con cioccolato Dulcey, c a limoncina, rucola selvatica e menta

Flexi Ganache con cioccolato

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