Usi e Ri.Usi

by Olimpia Bazzichetto

TREVISO – RE.USE Scarti, oggetti, ecologia nell’arte contemporanea è stata una mostra che ha presentaro 88 opere di 58 artisti, tra cui molti di fama internazionale come Marcel Duchamp, Man Ray, Piero Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Alberto Burri, Christo, Mimmo Rotello, Tony Cragg e Damien Hirst.

L’esposizione si proponeva di documentare il rapporto continuo che l’arte ha avuto con gli oggetti d’uso comune e con gli scarti, approdando ad una vera e propria consapevolezza ambientale, in un arco cronologico che va dai primi decenni del Novecento ai giorni nostri.

La mostra, per la curatela di Valerio Dehò, si sviluppava in tre spazi espositivi che coinvolgono diverse zone della città di Treviso, nella fu Gioiosa Marca: il museo di S. Caterina, il palazzo storico di Ca’ dei Ricchi e il museo di Casa Robegan – Ca’ da Noal.

Iniziando dal museo di Santa Caterina, si trovavano esposte le opere del Nouveau Réalisme che catapultavano il visitatore nel caleidoscopio di questo movimento artistico nato in Francia negli anni Sessanta e presto diffusosi globalmente.
In quel periodo, un gruppo di giovani artisti inizia ad inserire nelle proprie opere oggetti usati e consunti, scarti e rifiuti come lattine e scatolette di alimenti, ritagli di indumenti, piatti rotti e altro che appartenga alla vita quotidiana.
I padri fondatori del movimento sono Arman, François Dufrêne, Yves Klein, Martial Raysse, Jean Tinguely, Raymond Hains, Daniel Spoerri, Jacque de la Villegré, a cui si aggiungono in seguito Mimmo Rotella, César, Gérard Deschamps, Niki de Saint Phalle e Christo.
Questi attribuiscono all’arte un forte impegno sociale e, nonostante l’assoluta libertà dei singoli linguaggi artistici, perseguono sempre una finalità collettiva per ridefinire la rappresentazione della realtà.
Per questi artisti l’opera d’arte viene decontestualizzata e gli oggetti utilizzati devono rispecchiare la violenza del sistema politico. Ed ecco che compaiono nelle loro opere tagli, compressioni e accumulazioni: sono metafore di ciò che accade al di fuori del mondo dell’arte.

Frozen Garbage

Frozen Garbage (Civilisation), Arman

A Ca’ dei Ricchi il visitatore veniva immerso in un altro tema caro agli artisti, specialmente quelli contemporanei: quello ambientale.
E’ infatti solo nella seconda metà degli anni Sessanta che emerge una coscienza ecologica capace di ridefinire il rapporto tra uomo e natura.
Nella sede espositiva ci si trovava di fronte ad opere frutto dell’inquinamento umano. Nella sala, le rocce colorate e le foto richiamavano i 4 elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Solo dopo un attento sguardo ci si rendeva conto che non erano i minerali a dare il pigmento così acceso alle rocce: si trattava infatti di “conglo-plastiche” ossia nuove rocce che, nel tempo, hanno assorbito materiale plastico filtrato nel terreno e lo hanno inglobato in se stesse. Così l’artista ha creato un ossimoro tra le foto, che rappresentano i 4 elementi con immagini e colori naturali, e le conglo-plastiche, formate dall’accumulo di agenti inquinanti.

Nella terza ed ultima sede, Casa Robegan – Ca’ da Noal, trovavano spazio opere di artisti attivi dagli anni Novanta ad oggi.
Ci si imbatteva, ad esempio, in un trapano in funzione che cercava di ‘fare i buchi nell’acqua’, opera di Giovanni Albanese; un pupazzo crocefisso di Silvano Tessarollo; alla fine, un video a colori del 1987 di Peter Fischli e David Weiss (intitolato ‘Der Lauf der Dinge’ ossia ‘The way things go’), della durata di trenta minuti circa, che presenta un effetto domino creato con oggetti di scarto o di uso quotidiano.

Nel complesso, RE.USE. Scarti, oggetti, ecologia nell’arte contemporanea si è rivelata una mostra ben curata e calibrata nel suo percorso museale itinerante.

Mi chiedo se il forte messaggio che traspariva nelle sale e nelle opere e che incitava ad una maggiore consapevolezza, sociale ed ambientale, abbia colpito tutti in maniera equipollente.

Buchi nell'acqua Albanese

Buchi nell’acqua, Albanese

Ne è stato un esempio la “Regina di Rifiuti” di Enrica Borghi (1999), vestita di bottiglie di plastica, che è il risultato di una bellezza non astratta ma che contiene una speranza di risurrezione, se non per gli esseri umani, almeno per le cose. Dalle ceneri della vita quotidiana possono risorgere oggetti dotati di una propria bellezza e di una ritrovata dignità.

Alcuni critici hanno voluto etichettare queste forme artistiche come ‘Trash Art’ e, onestamente, devo dire che non ho mai visto immondizia più illuminante!

Borghi Regina Rifiuti

Regina di Rifiuti, Enrica Borghi, 1999

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