by Sebastiano Bazzichetto
In occasione della Festa della Donna, quest’anno vi proponiamo il ritratto di una donna straordinaria che ha dedicato la sua vita alla lotta contro l’AIDS e donato il suo volto alla moda che incontra i grandi temi sociali. Vicepresidente e Presidente dell’ANLAIDS nazionale e lombardo per moltissimi anni, abbiamo incontrato Fiore Crespi per parlarci del suo impegno nella lotta alla piaga degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso.
TREVISO – «Volevo fare l’avvocato». Comincia così la conversazione con Fiore Crespi, all’anagrafe Fiorenza Pozzi Crespi, durante il nostro incontro per ripercorrere una vita e carriera incredibili e per parlare del suo impegno pluriennale per la causa che si prese a cuore a partire dagli anni ’80: quella della lotta all’AIDS. Anche chi non riconoscesse il nome potrà di certo ricordare l’iconico scatto per Moschino di Fiore in abito da sera, i lunghi guanti di seta nera ed un corpetto di velluto “intarsiato” di nastri rossi e profilattici, quasi fossero medaglie, fregi e distintivi in un esimio tributo a chi aveva ceduto alla falce del virus dell’immunodeficienza.
Dove nasce Fiore Crespi e quando arriva a Treviso?
Sono nata e cresciuta a Milano, dove ho frequentato le scuole delle Orsoline, compreso il liceo linguistico. Tra il ’66 ed il ’67 mi sono trasferita a Treviso e nel ’68 mi sarei recata a Parigi per il maggio rivoluzionario degli studenti. Pur non essendo ‘foresta’, sono diventata trevigiana quando mi fu conferita la medaglia d’argento al merito della Salute Pubblica.
Di cosa si occupava all’epoca?
A casa mia non mi lasciavano andare mai da nessuna parte da sola ma io volevo andare all’università e studiare legge. Volevo fare l’avvocato, ma poi nulla. L’hostess, no, ci voleva la firma di papà e mamma e quindi niente hostess. Allora decisi di lavorare in un’agenzia di viaggi così potevo viaggiare con la fantasia sulle mappe. Di lì mi trasferii poi all’Alitalia alle pubbliche relazioni. E lì all’Alitalia passavano tutti: Gio Ponti, Elsa Robiola e a tanti altri. Mi dissero che ero fotogenica e che avrei dovuto fare un provino. C’era poi Anna Bonomi Campanini che mi disse che avrei dovuto fare la mannequin. Feci un corso per imparare la famosa “camminata”. La Bonomi allora mi disse «Adesso che hai fatto questo corso vieni da me». All’epoca era in via Montenapoleone al 2, figurati, non mi pareva vero. Io mi divertivo molto: in due giorni guadagnavo quasi due mesi di stipendio. E poi l’incontro con Gian Paolo Barbieri, ancora oggi un carissimo amico. Abbiamo trascorso degli anni indimenticabili. Allora venivano fuori delle bellissime foto.

Fiore Crespi in uno scatto di Patrice Casanova
Qualche ricordo degli anni luccicanti nel mondo della moda?
Tantissimi! Cominciamo dagli anni di Giorgini, Palazzo Strozzi e la Sala Bianca al Pitti. Poi le amicizie con Germana Marucelli, con la famosa Biki (al secolo, Elvira Leonardi Bouyeure), Enrichetta Pedretti (conosciuta come Rina Modelli) che importava bellissimi modelli francesi, Beppe Modenese, Barbara Vitti [storica p.r. di Valentino, Armani e Versace, nda] con la sua idea di “donne e motori”. Pippo Crivelli che ci chiamava le sue “streghine” mentre Nando Miglio fu il primo a farci sfilare alla Rinascente. E i tanti, meravigliosi modi in cui molti di questi hanno contribuito alla missione dell’ANLAIDS. Armani, Versace, Valentino [per cui la signora Crespi è seduta nel consiglio di LIFE , nda]. La primissima a darmi 35 milioni fu Mariuccia Mandelli, in arte Krizia. Ed ovviamente Moschino.

Franco Moschino, who died of AIDS in 1994
Come avvenne l’incontro con Franco Moschino?
Lo avevo conosciuto molti anni prima. Rossella Jardini era il suo braccio destro. Gli ero molto simpatica evidentemente. Fui invitata ad una grande cena in piazza San Babila, ci conoscemmo e diventammo amici.

Fiore Crespi in an iconic gown by Moschino
E quella foto iconica?
Franco mi disse «Faresti una foto così e così?”, e io dissi «Sì, certo». La gente mi diceva che ero pazza ad accettare una cosa del genere. Ma era già stata un’idea mia ed ero così furiosa con la gente all’epoca che avevo pensato di farmi fotografare e di far tappezzare Milano di manifesti con il mio volto in giro per la città, come a dire “E se anch’io fossi sieropositiva?”. Poi negli anni ’90 Moschino pensò alle sue campagne sociali e mi chiese di fare quello scatto. Speravo me la facesse [Gian] Paolo [Barbieri] ma poi, sai, all’epoca gli stranieri parevano più famosi e quindi volammo a Londra, io e il vestito.

Gian Paolo Barbieri
Soddisfatta dello scatto?
Mah, non troppo: pensavo che avessero sbagliato il trucco, la pettinatura mi sembrava troppo rigida, avevo un’espressione altera. Sembravo una vecchia di cent’anni. Ma mi guardo adesso e penso che non ero poi così male (ride).
Che cosa l’ha portata a scegliere di dedicare così tante energie, tempo, attenzione, interesse a questa causa?
E’ una buona domanda, ci ho pensato tante volte anch’io. Io avrei voluto fare l’avvocato. Non per difendere i ladri, per carità! Io non tratto mai male nessuno ma se uno è arrogante e prepotente divento una iena. Ho un forte senso di giustizia. E così ho scelto di mettermi a disposizione per la lotta all’AIDS.

Alcuni grandi della moda che hanno supportato la ricerca e la missione di ANLAIDS, tra cui, secondo da sinistra, Valentino Garavani fondatore di L.I.F.E.
Cosa significava essere donna ed occuparsi di una tale battaglia?
Non è stato facile, ma io ho sempre voluto fare di testa mia. Sono sempre stata molto aiutata e sostenuta dalla mia famiglia, in primo luogo da mio marito Filiberto, dai miei figli, persino mio nipote ho messo in alcune campagne per la sensibilizzazione.

Da sinistra Giovan Battista Rossi, Dante Bassetti, Mauro Moroni, Fiore Crespi. Seduto, Fernando Aiuti
Quest’anno Franco Moschino avrebbe compiuto 70 anni. Cosa ricordiamo di questo immenso artista?
E’ stato un grande intellettuale con estremo gusto, non solo uno di quelli che inventano le cose strane. Sempre includendo e facendo intersecare vari settori: la poltrona dorata, il quadro moderno, la cornice antica. E poi questo senso dell’umorismo che solo lui aveva. Perché se poi tu scomponevi quello che lui disegnava eri vestita normale. Era bravissimo in questo. Un uomo inoltre molto impegnato. I più piccoli gli stavano particolarmente a cuore: voleva fare una casa per i bambini sieropositivi al Molino del Pallone (tra Bologna e Pistoia).
Nel 1993, per celebrare il decennale della griffe, la Permanente di Milano gli dedicò la mostra retrospettiva 10 anni di caos, in cui Moschino espose per la prima volta al pubblico i suoi quadri.
Sì, un evento a me molto caro, una mostra bellissima. Per presentare la serie di dipinti, Franco scrisse una piccola poesia-manifesto che cominciava “C’ero una volta in una grande casa / vicino a una grande città e volevo dipingere / gli abiti delle Madonne e conoscere gli angeli…”.

Franco Moschino’s poem
Un aneddoto divertente di tanti anni di appassionato volontariato all’ANLAIDS?
Era l’87, si stava organizzando il ballo per raccogliere fondi in dicembre, il cosiddetto “ballo monarchico” che di realista non aveva nulla se non gli invitati. Sarebbe dovuta venire Marina Doria, accompagnandomi nel pomeriggio in un day hospital a trovare dei bambini sieropositivi ma, alla fine, non venne. Volevano che facessi io la parte della principessa per farli felici ma io non so mentire. Allora, all’ingresso, si mormorava «E’ arrivata la principessa, è arrivata la principessa». Poi mi sono avvicinata ad un letto e ho detto candidamente: «Amore, non sono la principessa, sono la contessa. La principessa è rimasta a casa». Da allora sono diventata per tutti la contessa.
Per concludere, parlando di donne e del loro spesso dimenticato, silenzioso impegno nel sociale, vogliamo ricordare, tra le tante e di successo, la quarta edizione di “Convivio” organizzato a Milano a sostegno dell’ANLAIDS dove Fiore Crespi si accompagnò ad un ‘parterre des reines’ davvero eccezionale: Laura Biagiotti, Anna Fendi, Alberta Ferretti, Donatella Girombelli, Rossella Jardini, Angela Missoni, Miuccia Prada, Donatella Versace e Marina Spadafora. Ecco, le donne per le donne, le donne per il sociale, le donne per chi – all’epoca – era spesso considerato un perverso derelitto destinato a soccombere sotto una tragica, infausta stella. Donne che hanno detto di no ai pregiudizi sugli altri e su loro stesse e che hanno saputo creare molti sì, nei cuori e nelle menti.