by Olimpia Bazzichetto
VENEZIA – Sudcorea. Due famiglie agli antipodi. Si chiama Parasite e ha vinto 4 premi Oscar quest‘anno: miglior film, miglior regista, miglior film straniero, miglior sceneggiatura originale.
Sarà la trama originale, la fotografia curata in ogni dettaglio, un cast di attori fenomenale da farmi affermare, senza ombra di dubbio, che Parasite è uno di quei film che merita di essere visto.
Lo spettatore si ritrova di fronte a due realtà così diverse ma inevitabilmente intrecciate da un destino comune che si realizzerà solo con una delle ultime cruenti scene dal sapore alla Tarantino.
La famiglia Kim, formata da madre, padre e due figli (fratello e sorella) è molto povera, vive in un seminterrato di Seoul e sopravvive grazie a sussidi di disoccupazione e di espedienti più o meno legali. Il wi-fi viene gentilmente concesso dalla caffetteria al piano di sopra e la disinfestazione degli insetti arriva da coloro che si occupano della pulizia delle strade.
La famiglia Parks, per converso, ricchissima e vive in una splendida villa di design, è anch’essa formata da madre, padre, figlia e figlio.
Dopo il contatto avuto da un amico che sta andando a lavorare all’estero e alcune credenziali fasulle, il figlio maggiore dei Kim riesce a farsi assumere come tutor della figlia dei Parks e ad entrare in casa loro. Così, quando servirà trovare un insegnante di arteterapia per il più piccolo dei Parks, il ragazzo sarà in grado di far assumere sua sorella, ovviamente sotto mentite spoglie. Non contenti, come veri eroi della truffa, i fratelli Kim introdurranno nella lussuosa casa anche la madre e il padre, la prima come governante e il secondo come autista personale di Mr. Parks andando a sostituire i precedenti dipendenti della famiglia, licenziati a seguito di eventi compromettenti.
Sembrerebbe una storia di arrivisti sociali capaci di sfruttare al meglio la gallina d’oro che hanno tra le mani.
Eppure, durante una notte di tempesta e fulmini, il campanello di casa Parks tuona. I Parks sono però fuori casa mentre i Kim sono impegnati a concedersi ai piaceri dell’alcool fantasticando su una vita tra lusso e sfarzi.
Inaspettatamente, dopo quel trillo, il film prenderà una piega nettamente diversa.
Non sarò di certo io a raccontarvi il seguito e l’epilogo di questa imprevedibile pellicola.
Sappiate che da quel momento in poi il dramma sociale emergerà in tutta la sua potenza. E quindi? Chi è o chi sono i veri parassiti? I Kim? I Parks? Oppure tutti coloro che verrano coinvolti dopo quell’ominosa scampanellata?
Il bello di questo pluripremiato film è proprio questo: il dubbio di chi ha torto o ragione rimarrà fino alla fine.
Parasite può essere riassunto in un variegato pugno di parole: commedia, tragedia, grottesco, psicologia, thriller, politica e società.
Una sola pellicola che permette di vivere un’occasione irripetibile: quella di poter assistere alla messinscena in sequenza di universi distanti eppure posti in sintonia tra loro sotto lo sguardo analitico di Bong Joon-ho, in uno dei migliori film della sua carriera.
Perché alla fine forse è proprio vero quello che sosterrà il padre dei Kim, rivolgendosi al figlio: “Il miglior piano nella vita è quello di non farsi mai dei piani”. Ed è forse giusto così? Scopritelo!