Il racconto d’inverno: una primavera di sentimenti per il National Ballet of Canada
by Sebastiano Bazzichetto
TORONTO – Benché il titolo possa evocare le lande innevate di paesi incantati e così facendo sviare il pubblico meno ferrato, il Racconto d’inverno di Shakespeare è tutt’altro che un racconto spensierato, ambientato nel paese delle fiabe. Il dramma a lieto fine del bardo inglese prende avvio da un momento di imprevedibile follia del re di Sicilia per approdare – letteralmente – sulle sponde dorate del regno di Boemia e tornare alla reggia siciliana per un finale che vede trionfare la verità e l’amore.

Photo credits Karolina Kuras
Dopo le note d’inizio della Canadian Opera Company (con Arabella di Strauss e L’elisir d’amore di Donizetti), il Four Seasons Centre ha alzato il sipario su una delle prove più interessanti di balletto contemporaneo degli ultimi cinque anni: lo scorso 10 novembre, il National Ballet of Canada ha infatti inaugurato la nuova stagione in maniera impeccabile, riproponendo il balletto The Winter’s Tale che aveva debuttato sul palco torontino due anni fa, un balletto capace di reinventare la gestualità classica in chiave moderna senza peccare di ermetismo avanguardistico.

Ermione e Leonte. Photo credits Karolina Kuras
L’intreccio narratologico del balletto di Christopher Wheeldon (coreografo di successo e fama internazionale) snellisce, ma non di troppo, la fitta trama dell’originale shakespeariano. Suddiviso in un prologo e tre atti, The Winter’s Tale resta piuttosto fedele alla tragicommedia del primissimo scorcio del Seicento, rivisitata in una serie variegata di quadri narrativi. La storia è quella di due re amici, sovrani l’uno del regno di Sicilia, l’altro del regno di Boemia. A dividere i due sarà l’accecante gelosia del primo nei confronti del secondo, sospetto di intrattenere una relazione adulterina con la moglie di Leonte, la regina Ermione. Allontanato Polissene, Leonte disconosce la regale consorte e la figlia che porta in grembo e che darà alla luce, portata in salvo nel regno di Boemia dal servo Antigono. Una volta lì, cresciuta e divenuta una splendida fanciulla, Perdita – questo il nome della principessa cresciuta da due pastori – si innamora di Florizel, figlio di Polissene. Per fuggire all’ira del padre di lui, i giovani innamorati si imbarcano e raggiungono la corte siciliana dove Perdita viene riconosciuta come figlia di stirpe reale, i due vengono uniti in matrimonio, Polissene e Leonte si riconciliano e ricompare la regina Ermione, creduta morta ma, in realtà, tenuta nascosta dalla fedele Paolina per sedici anni dopo la perdita del figlio Mamilio.
IL CAST
Durante la serata di venerdì, Hannah Fischer ha saputo dare corpo alle emozioni spesso dissonanti della regina Ermione, una donna innamorata del proprio marito, lacerata a causa dell’assurda gelosia e conseguente rifiuto di quest’ultimo nei suoi confronti e della sua prole.

La regina Ermione (Hanna Fischer). Photo credits Karolina Kuras
Piotr Stanczyk ha vestito i panni di Leonte, dimostrandosi capace di rendere al meglio il variegato spettro di pensieri e sentimenti di un sovrano misurato, improvvisamente acceso dal divorante sospetto del tradimento della consorte insieme al suo migliore amico. Altrettanto bravi e capaci sono stati Harrison James (Polissene), Jillian Vanstone (Perdita), Xiao Nan Yu (Paolina, prima dama di compagnia di Ermione) e Naoya Ebe (Florizel).
Davvero eccezionale è stata inoltre l’esecuzione della coreografia da parte del corpo di ballo, particolarmente impegnativa e faticosa nel secondo atto, nella terra soleggiata della Boemia all’ombra di un verde arbusto – questo sì, fiabesco – fulgido con i suoi rami carichi di pegni argentati appesi dai pastori del luogo.

Il secondo atto. Photo credits Karolina Kuras
Scenografie e costumi sono uno degli ingredienti del successo di questo balletto: traendo ispirazione e rivisitando la purezza delle linee dei colonnati della Grecia classica, sapendo giocare sapientemente con le luci per creare squarci drammatici sul palco dalle tinte molto cupe nel primo e terzo atto, The Winter’s Tale riesce a connotare cromaticamente personaggi e luoghi con la scelta degli abiti e delle quinte. Boemia e Sicilia sono chiaramente contraddistinte e contrapposte: la prima caratterizzata dai toni caldi del rosso, arancio e oro, la seconda (riflettendo la complicata psiche del suo monarca Leonte) presenta invece una tavolozza che va dai verdi muschio ai blu oltremare.
Mr Wheeldon è riuscito a creare un vocabolario incredibilmente moderno, efficace, di facile ma non banale lettura e, allo stesso tempo, innegabilmente classico. All’interno dei parametri di una forma d’arte come il balletto che richiede una disciplina ferrea e una dedizione assoluta, The Winter’s Tale è in grado di portare sul palco la partitura variopinta dei sentimenti umani più disparati e a trasmettere al pubblico la drammatica, umanissima verità che cela ogni passo, ogni movimento, ogni sguardo. Un balletto capace di rendere giustizia alla lira dei sentimenti già sapientemente suonata dal genio di Shakespeare 400 anni fa.

Leonte, Florizel e Perdita. Photo credits Karolina Kuras