Affreschi intrecciati
Antichi arazzi e tappezzerie sui muri di Treviso
by Iolanda Contin
acchiusa fra le sue mura cinquecentesche, Treviso ancora oggi ci appare quale splendida urbs picta di impronta medievale, poeticamente descritta da Giovanni Comisso, scrittore e giornalista, che qui nacque.
Nonostante gli inevitabili danni del tempo, l’incuria degli uomini, le dissennate scelte ottocentesche che videro la demolizione di interi palazzi in nome di una discutibile esigenza di ammodernamento e, nel Novecento, le terribili e vaste distruzioni causate dai due conflitti mondiali, la città presenta ancora oggi moltissime tracce degli antichi affreschi parietali che intensamente, per circa quattro secoli (in special modo tra il XII e il XVI secolo), furono realizzati ad opera di artisti famosi e di numerosi artigiani decoratori senza nome.
Fra il XII e il XIII secolo molte facciate, costruite con materiali poveri e mattoni di recupero, furono nobilitate con intonaco affrescato che imitava la tessitura muraria (mattoni rossi e fughe bianche) cioè il finto mattone, lasciando poi spazio ad un affinamento del gusto che decorava la facciata con finti mattoni disposti a losanga.
Successivamente le pareti furono arricchite con i più disparati motivi geometrici o di fantasia a formare delle vere e proprie tappezzerie (soprattutto nella seconda metà del ‘400). Queste tappezzerie divennero sempre più articolate tendendo quasi a cancellare l’architettura della facciata.
Tra la fine del ’400 e il secondo ’500 il gusto cambiò ancora: si preferì valorizzare l’impianto architettonico della parete prospettante sulla pubblica via tramite fasce marcapiano e marcadavanzale, affrescate con ghirlande, putti, animali, figure fantastiche e motivi floreali o geometrici, oppure con finti motivi architettonici (dentelli, cornici ecc.) mentre tra le finestre vennero inseriti dei veri e propri quadri con rappresentazioni specifiche. L’intento restava sempre quello di creare un effetto illusionistico.
Nel ’600 e per tutto il ’700 le cose mutarono radicalmente: molte case vennero conservate nel loro impianto architettonico ma le facciate subirono rimaneggiamenti radicali mantenendo gli affreschi all’interno dell’edificio, mentre in facciata gli elementi decorativi o architettonici denunciavano chiaramente l’impianto strutturale (cornici, mensole, dentelli furono costruiti realmente in pietra o mattone); la parete venne semplicemente decorata a fondo uniforme in marmorino.
La città medioevale e quattrocentesca che si esprimeva col colore e con la negazione delle architetture, ora preferiva un’immagine più statica ma allo stesso tempo più importante e monumentale.
Furono due illustri trevigiani che con il loro lavoro di tutela e recupero permisero di salvare moltissime opere d’arte in città: l’abate Luigi Bailo, fondatore del museo civico nel 1883, e Mario Botter, eccellente restauratore, nato e cresciuto in una famiglia protagonista della vita artistico-culturale di Treviso.
E’ soprattutto per merito di quest’ultimo professionista, del suo instancabile e generoso lavoro di recupero e restauro che tutt’oggi è possibile ammirare e ricostruire lo splendore delle facciate decorate a fresco. Egli, dopo la vastissima distruzione della città dovuta al bombardamento avvenuto il 7 aprile 1944, ebbe la forza e la tenacia di raccogliere, in mezzo alle macerie del centro storico, migliaia e migliaia di frammenti di intonaco affrescato e pazientemente ricomporli. Fu un’impresa immane svolta con poveri mezzi, coraggiosa poiché contrastata dal comando tedesco che voleva demolire le case pericolanti, portata avanti con l’aiuto dei familiari, e sostenuta da una sorta di fede incrollabile per la cultura e l’arte, che gli valse l’appellativo di Folle di Dio da parte dell’amico Comisso.
Treviso non si esaurisce in un monumento simbolo, il suo fascino è l’insieme. La città è percorsa da una grande quantità di corsi d’acqua e canali che, attraversandola, appaiono e scompaiono dentro il tessuto urbano, e riflettono gli arazzi dipinti sulle sue antiche case, una festa di colori e di immagini a ricordo di quella che fu il cuore della gioiosa marca medievale.