Forza maggiore di Ruben Östlund


Forza maggiore di Ruben Östlund

by Gianpietro Miolato

VICENZA – Contrapposizione: è questa la cifra stilistica della pellicola dello svedese Ruben Östlund (vincitore del Premio della Giuria nella sezione Un certain regard a Cannes nel 2014).

Tematicamente la contrapposizione si innesca nel momento di confronto tra Tomas (Johannes Bah Kuhnke) e Ebba (Lisa Loven Kongsli) a causa della diversa reazione di fronte alla valanga (la causa di forza maggiore da cui il titolo); formalmente il conflitto si sostanzia nella scelta di Östlund di adottare uno stile registico composto da inquadrature in netta opposizione al crescendo emotivo della vicenda.

Diviso in cinque quadri (i giorni di vacanza dei protagonisti), il film presenta una famiglia apparentemente felice (prima inquadratura e primo quadro), nella quale si inserisce un elemento esterno (la valanga, secondo quadro) che dà vita al progressivo crescendo di opposizione caratteriale/morale tra uomo e donna (successivi tre quadri).

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Se da principio l’istintiva fuga di Tomas a discapito della famiglia viene minimizzata (da lui) e taciuta (da lei), nel momento del confronto tra Charlotte (Karin Myrenberg) e Brady (Brady Corbet) (seconda coppia del film) prende piede un percorso di colpevolizzazione che oppone i coniugi. Ebba non accetta che il marito sia scappato, e mette in luce il nucleo tematico attorno al quale si crea il divario: istinto di sopravvivenza (del maschio) contro istinto di protezione (della femmina).

Östlund sceglie un registro visivamente gelido ed immobile per sottolineare i diversi approcci avuti dinanzi al medesimo falso pericolo (la valanga, con non celata ironia, era controllata), tanto da mettere in scena la sequenza più drammatica del film (l’umiliante ammissione della fuga di Tomas di fronte a Mats (Kristofer Hivju) e Fanni (Fanni Metelius), terza coppia del film) in maniera assolutamente controllata e distaccata. La sequenza è costruita con totali, primi e primissimi piani, senza l’ausilio di accompagnamenti sonori, e lasciando che a sottolineare l’ammissione di debolezza siano i silenzi di Tomas più che le invettive di Ebba. Inoltre la scelta di inserire l’acme emotiva mentre un’altra coppia è presente, rilancia ad una specularità di comportamenti che universalizza la distanza tra istintualità e protezionismo (tornati in camera, infatti, Fanni riferisce a Mats d’essere certa che pure lui si sarebbe comportato nella stessa maniera, non risparmiando un affondo sulla distanza dell’uomo dall’ex-moglie e dai figli).

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Universalizzato il tema, il film prosegue mostrando lo schiacciamento di Tomas sotto il peso del senso di colpa tanto da far regredire il protagonista ad uno stadio infantile e piagnucolante la sera prima di partire, in un sequenza che denota un certo grado di sadismo di Ebba verso il marito. Allo stesso tempo,  dà ragione – apparente – dell’insanabile dicotomia tra i due sessi (l’uomo animalizzato si muove in discoteca alla ricerca di facili appagamenti fisici, stordito dal frastuono sonoro e personale; la donna, in albergo, si prende cura dei figli tenendo le redini della famiglia, e evidenziando una capacità di mantenere il controllo che all’uomo non è data avere). Questo stato di cose fino al ritorno a casa, momento in cui la situazione si ribalta.

Mentre stanno percorrendo la strada del ritorno la famiglia si trova a confronto con una seconda situazione di pericolo (l’incapacità di guida dell’autista del bus lungo i ripidi tornanti della strada di montagna), ma questa volta i ruoli si invertono: Ebba, in preda al panico, obbliga tutti a scendere, non avendo cura né dei figli né del marito e lasciando che il terrore la domini senza soluzioni. Tomas tranquillizza i pargoli e se ne fa carico, infondendo un senso di sicurezza e serenità di cui era dato intendere fosse sprovvisto ma che ora è del tutto assente nella moglie.

Interessante è notare come anche questa situazione sia in realtà un falso pericolo (un passeggero sottolinea fuori campo che il conducente, alla fine, sappia guidare), così da denotare un preciso parallelismo tra i comportamenti dei coniugi.

Capovolgendo le prospettive Östlund riprende e completa la tesi fino a quel momento proposta: la contrapposizione tra istintualità e protezionismo è innanzitutto soggettiva, e poi relazionale.

Non a caso, infatti, l’ultima sequenza – sorta di riadattamento di Il quarto stato di Pellizza da Volpedo in chiave esistenziale – mostra le donne (Ebba e Fanni) camminare da sole, mentre gli uomini (Tomas e Mats) portano in braccio con fare protettivo i figli, consci della contrapposizione interiore che li guida ma, nonostante questa, incapaci di sopportarne il peso.

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